Un nuovo studio condotto dall’Università di Tokyo ha identificato un segnale di raggi gamma compatibile con l’annichilazione di particelle di materia oscura. Potremmo essere davanti alla prima traccia diretta di questa componente misteriosa dell’universo.

Nel 1937, l’astronomo svizzero Fritz Zwicky formulò una delle teorie più affascinanti della cosmologia moderna: l’esistenza di una materia invisibile, capace di tenere insieme le galassie. Quasi cent’anni dopo, una ricerca guidata da Tomonori Totani, astrofisico dell’Università di Tokyo, potrebbe aver individuato un’impronta diretta di quella materia oscura, proprio al centro della Via Lattea. I risultati, pubblicati sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, si basano sull’analisi dei dati raccolti dal telescopio spaziale Fermi della NASA, specializzato nell’osservazione dei raggi gamma.
Cosa sono i WIMP e perché sono importanti
La materia oscura, secondo le stime, costituirebbe circa il 26% dell’universo, una quantità cinque volte superiore rispetto alla materia visibile. La sua presenza finora è stata dedotta solo attraverso effetti gravitazionali, come l’influenza sulle orbite stellari o l’effetto lente gravitazionale. Ma cosa potrebbe generarla? Una delle ipotesi più accreditate è che sia composta da particelle massicce debolmente interagenti, note come WIMP (Weakly Interacting Massive Particles). Quando due WIMP si scontrano, si annichilano generando radiazioni altamente energetiche, come i raggi gamma. E proprio questo segnale è stato osservato nel cuore della nostra galassia.

Un alone di raggi gamma nel centro galattico
Secondo Totani, i dati di Fermi mostrano un’emissione gamma ad alta energia – circa 20 gigaelettronvolt – distribuita in una forma ad alone attorno al centro galattico. «La componente di emissione dei raggi gamma corrisponde strettamente alla forma attesa dall’alone di materia oscura», afferma il ricercatore. Anche l’intensità e la frequenza delle emissioni risultano compatibili con quelle teoricamente previste per la distruzione di particelle WIMP. Questo rende l’ipotesi particolarmente suggestiva: le emissioni non sembrano spiegabili con altre sorgenti astrofisiche note, come pulsar o resti di supernovae.
La cautela della scienza: servono conferme indipendenti
Sebbene le osservazioni siano coerenti con le previsioni teoriche, la comunità scientifica procede con prudenza. I risultati dovranno essere verificati in modo indipendente da altri gruppi di ricerca. Sarà essenziale accertare che fenomeni diversi non possano produrre segnali simili e cercare riscontri anche in altre regioni ricche di materia oscura. Se confermata, questa scoperta potrebbe rappresentare un punto di svolta nella nostra comprensione della composizione dell’universo. Ma per ora, la materia oscura continua a restare fedele al suo nome: elusiva e affascinante.

