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L’“ameba di fuoco” che vive a 63 °C: scoperto un nuovo limite estremo per la vita eucariotica

L’“ameba di fuoco” che vive a 63 °C: scoperto un nuovo limite estremo per la vita eucariotica
Photo by geralt – Pixabay
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Nel parco vulcanico di Lassen, in California, è stato identificato un microrganismo straordinario: si tratta di un’ameba termofila che riesce a sopravvivere e replicarsi in condizioni estreme, aprendo nuove prospettive sulla biologia degli eucarioti.

L’“ameba di fuoco” che vive a 63 °C: scoperto un nuovo limite estremo per la vita eucariotica
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Si chiama Incendiamoeba cascadensis ed è stata scoperta nelle sorgenti termali del Lassen Volcanic National Park, negli Stati Uniti. Questa nuova ameba termoresistente è in grado di sopravvivere e riprodursi fino a 63 °C, una temperatura finora considerata proibitiva per gli organismi eucarioti. Il ritrovamento, ancora in fase di pre-print, è stato reso noto il 24 novembre in uno studio che potrebbe avere importanti implicazioni per la ricerca biologica e biotecnologica.

Per comprendere l’eccezionalità della scoperta, bisogna distinguere tra procarioti ed eucarioti: i primi (batteri e archei) sono più semplici e noti per la loro capacità di resistere a condizioni estreme, mentre i secondi – come animali, piante, funghi e protozoi – hanno strutture cellulari più complesse e, fino a oggi, si riteneva non potessero vivere oltre i 60 °C. I. cascadensis rompe questa barriera, offrendo una nuova prospettiva sulle capacità adattive degli eucarioti.

Un estremofilo obbligato che sfida le alte temperature

L’ameba è stata isolata in 14 dei 20 campioni raccolti tra il 2023 e il 2025 in un ruscello caldo con temperature tra 49 e 65 °C e pH neutro. Non si tratta di un organismo che tollera il calore per caso: I. cascadensis è un estremofilo obbligato, incapace di sopravvivere sotto i 40 °C. La sua temperatura ottimale di crescita si aggira tra i 55 e i 57 °C, e riesce a dividersi fino a 63 °C, mantenendo mobilità anche a 64 °C. A 70 °C le cellule formano cisti dormienti, riattivabili solo abbassando la temperatura, mentre gli 80 °C rappresentano il limite assoluto oltre il quale l’organismo non riesce a recuperare.

Questo straordinario adattamento al calore sembra reso possibile dalla presenza di proteine termostabili, come le Heat Shock Proteins (HSP) e gli chaperoni molecolari, che proteggono le cellule dallo stress termico impedendo il danneggiamento delle proteine. Un meccanismo che ricorda quello osservato in altri estremofili, ma che finora era raro, se non inedito, tra gli eucarioti.

L’“ameba di fuoco” che vive a 63 °C: scoperto un nuovo limite estremo per la vita eucariotica
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Superato il precedente record tra le amebe

Prima di questa scoperta, solo pochi eucarioti erano noti per resistere a temperature simili. Alcuni funghi termofili come Chaetomium thermophilum e alcune alghe rosse avevano raggiunto i 60 °C, mentre tra le amebe il primato spettava a Echinamoeba thermarum, che si fermava a 57 °C. In confronto, i procarioti detengono ancora il primato assoluto: Geothermobacterium ferrireducens sopravvive fino a 100 °C e l’archeo Methanopyrus kandleri resiste addirittura a 122 °C.

L’analisi genetica ha rivelato che I. cascadensis è imparentata con Vermamoeba vermiformis, una specie comune che tuttavia non supera i 45 °C. Inoltre, tracce genetiche simili sono state individuate anche in altri contesti geotermici come Yellowstone e alcune zone della Nuova Zelanda, suggerendo una distribuzione globale di questa ameba nei siti vulcanici attivi. Nel suo habitat, si nutre di batteri termofili come Meiothermus ruber e mostra due forme cellulari: una “amebiforme”, più compatta, e una “vermiforme”, più allungata.

Un potenziale tesoro per la biotecnologia

La scoperta di Incendiamoeba cascadensis rappresenta un avanzamento fondamentale nella comprensione dei limiti biologici della vita complessa. Le sue proteine termostabili e i meccanismi di resistenza al calore potrebbero fornire preziosi strumenti per sviluppare nuove applicazioni in ambito biotecnologico, ad esempio per la produzione industriale di enzimi attivi ad alte temperature.

Studiare come quest’ameba riesce a evitare l’aggregazione proteica e a mantenere funzionali i suoi sistemi cellulari in ambienti tanto estremi potrebbe offrire indizi importanti anche per la ricerca medica e ambientale. Una prova vivente che, anche tra gli organismi più complessi, i limiti della sopravvivenza possono essere spinti molto più in là di quanto immaginassimo.