La cometa 3I/ATLAS, in arrivo da un altro sistema stellare, mostra caratteristiche chimiche e fisiche simili a quelle degli oggetti oltre Nettuno. Un’indagine internazionale ne svela i segreti.

Con l’avvicinarsi del suo passaggio ravvicinato alla Terra, previsto per il 19 dicembre, la cometa 3I/ATLAS continua a sorprendere gli astronomi. Studi recenti hanno rivelato che questo raro oggetto interstellare possiede una composizione chimica simile a quella dei corpi trans-nettuniani del nostro Sistema Solare. Condriti carbonacee, metalli nativi e ghiaccio d’acqua sono stati identificati come componenti principali, elementi che suggeriscono un’origine primordiale e mai alterata da un passaggio vicino alla sua stella madre. Alcuni segnali, inoltre, indicano la possibile presenza di criovulcani attivi, un comportamento associato a mondi ghiacciati e dinamici delle regioni più remote del Sistema Solare.
Criovulcanismo e chimica del primo Sistema Solare
Le osservazioni fotometriche e spettroscopiche, condotte anche grazie al telescopio Joan Oró in Catalogna, hanno mostrato getti di polveri e gas emergere dalla superficie della cometa. Questi episodi, secondo il team guidato dall’astronomo Josep M. Trigo-Rodríguez, rappresentano chiari segnali di criovulcanismo: eruzioni di ghiaccio innescate probabilmente dalla sublimazione dell’anidride carbonica solida all’interno del nucleo cometario. In un ambiente ricco di metalli reattivi e materiali carboniosi, la reazione con liquidi ossidanti interni avrebbe dato origine a veri e propri “vulcani di ghiaccio”. Un comportamento che, se confermato, dimostrerebbe come materie prime favorevoli alla chimica prebiotica possano essere trasportate anche da oggetti provenienti da altri sistemi stellari.

Una crosta alterata da miliardi di anni di radiazioni
Grazie alle osservazioni del James Webb Space Telescope, è emerso che la superficie di 3I/ATLAS è ricoperta da una crosta profondamente modificata dai raggi cosmici galattici. In assenza della protezione offerta da un’eliosfera, come quella che circonda il nostro Sistema Solare, la cometa ha subito per miliardi di anni un’intensa esposizione alle radiazioni ad alta energia. Questi processi hanno alterato la composizione chimica dei ghiacci, trasformando il monossido di carbonio in anidride carbonica e modificando la struttura fisica fino a 20 metri di profondità. Quella che osserviamo oggi è, quindi, una versione “invecchiata” e trasformata di un corpo celeste che potrebbe aver conservato, sotto la superficie, tracce del suo ambiente originario.
E se fosse uno sciame di frammenti?
Fin da luglio, la cometa ha mostrato una variazione di luminosità ciclica ogni 16 ore, inizialmente interpretata come l’effetto di un nucleo allungato in rotazione. Tuttavia, secondo una nuova ipotesi del fisico Avi Loeb, 3I/ATLAS potrebbe non essere un singolo corpo, ma uno sciame di detriti debolmente legati tra loro gravitazionalmente. Il cosiddetto “battito cardiaco luminoso” potrebbe dunque rappresentare la rotazione collettiva di questi frammenti nello spazio. Sebbene questa teoria sia ancora in fase di verifica, potrebbe spiegare alcune irregolarità nella distribuzione della luce e nella forma della chioma. In ogni caso, la cometa 3I/ATLAS continua a rappresentare un oggetto di studio unico, capace di collegare fenomeni cosmici lontani e offrire nuove chiavi di lettura sulla formazione dei sistemi planetari.

