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Buco dell’ozono: una leggenda oppure è davvero esistito?

Buco dell’ozono: una leggenda oppure è davvero esistito?
Photo by geralt – Pixabay
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Quattro decadi dopo la rivelazione scioccante del buco nell’ozono, il mondo si trova in un cammino di riparazione ambientale. Grazie agli sforzi internazionali e al celebre Protocollo di Montreal, l’atmosfera potrebbe tornare ai livelli protettivi degli anni ’70 entro il 2060.

Buco dell’ozono: una leggenda oppure è davvero esistito?
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Sono trascorsi 40 anni dal momento in cui l’articolo rivoluzionario pubblicato su Nature ha aperto gli occhi al mondo riguardo al buco nell’ozono. Scritto dai ricercatori del British Antarctic Survey – Joseph Farman, Brian Gardiner e Jonathan Shanklin – questo studio fondamentale ha rilevato una drammatica riduzione del 40% nello strato di ozono, attribuendo il fenomeno alla presenza di clorofluorocarburi (CFC). Questi gas venivano largamente utilizzati in prodotti come bombolette spray e apparecchi di refrigerazione. La reazione globale a questa scoperta culminò nel Protocollo di Montreal del 1987, mirato a ridurre e bandire l’uso dei CFC.

Il fenomeno del buco nell’ozono

Il freddo estremo, in particolare nei cieli del Polo Sud, favorisce la formazione delle nubi stratosferiche polari. Queste nubi ospitano reazioni chimiche in cui il cloro presente nei CFC scompone le molecole di ozono. Come spiega Piera Raspollini, ricercatrice all’IFAC del CNR, “si tratta di una reazione catalitica: il cloro può distruggere l’ozono senza consumarsi, continuando a reagire”. Vista la lunga durata di vita dei CFC, stimata intorno ai 50 anni, il processo di ripristino è lento. Lo studio del 1985 identificava già concentrazioni di ozono intorno alle 200 unità di Dobson, un valore preoccupante rispetto alla soglia di sicurezza.

L’importanza cruciale del Protocollo di Montreal

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Senza il Protocollo di Montreal, le prospettive sarebbero state drammatiche: entro il 2060, l’esposizione al sole sarebbe stata insostenibile senza protezione. Michela Maione, esperta in chimica ambientale all’Università di Urbino, sottolinea quanto sia stato determinante questo accordo globale, firmato da 197 nazioni, per eliminare i CFC. L’ozono funge da scudo contro i raggi ultravioletti, proteggendo la vita sulla Terra. Maione ricorda anche il ruolo determinante di figure influenti come Ronald Reagan e Margaret Thatcher, il cui impegno ha favorito questo storico atto politico.

Interazioni tra la crisi climatica e la riparazione dell’ozonosfera

L’eliminazione dei CFC ha provocato un effetto collaterale benefico nella lotta ai cambiamenti climatici, poiché questi gas sono anche potenti agenti del riscaldamento globale. Il Protocollo di Montreal, con i suoi aggiornamenti, come quello di Kigali nel 2016, ha visto una continua riduzione degli HFC, sostituti dei CFC, sebbene rappresentino un potenziale riscaldamento globale. Tuttavia, il percorso di ripristino della concentrazione di ozono troposferico è minacciato dal cambiamento delle dinamiche atmosferiche, generate dal riscaldamento globale. Maione aggiunge che questi fenomeni potrebbero contribuire alla formazione di nubi stratosferiche polari anche in zone atipiche, intensificando le reazioni che impoveriscono l’ozono.

La ricerca continua su molteplici fronti per monitorare e verificare l’andamento dell’ozono, dall’osservatorio sul Monte Cimone fino alle indagini spaziali. Gli studi futuri, come la missione Cairt, potrebbero fornire nuovi approcci per comprendere i complessi processi atmosferici, migliorando le strategie per preservare l’ozonosfera.